E finalmente arriva anche nella capitale questo spettacolo stupendo che aveva girato l'Italia già nella scorsa stagione ed approda con tutta la imponenza e grandezza nel nuovo Eliseo. Tralasciando il fatto che per me la cornice nel quale va in scena la visione di Lavia è un odi et amo, le quasi tre ore di spettacolo travolgono e coinvolgono lo spettatore in un turbinio di emozioni molto forti, che ti lacerano dentro, sopratutto quando si parla delle due piccole vittime bambini dei "personaggi".
Un cast da kolossal con più di 20 attori in scena che riportano in vita un testo che parla proprio di quel magico mondo che è il teatro con tutte le sue contraddizioni e i suoi difetti e le diverse correnti di pensiero tra come si faceva il teatro e come si fa ora.
In tutto questo bailamme che si crea tra attori e personaggi, Lavia dà vita ad una serie meravigliosa di quadri vivi e umani poiché formati proprio dagli attori della compagnia in carne ed ossa: la sua minuziosa attenzione per i particolari e i dettagli, che ho avuto la fortuna di constatare durante una prova a Firenze di "Vita di Galileo", sta proprio e anche in questo; ovvero quando attraverso dei semplici movimenti in musica e con un gioco di luci, Lavia riesce a bloccare gli attori sulla scena in un'immagine fissa, proprio come quella di un quadro dipinto da un pittore.
Se l'impatto visivo è forte e travolgente, anche sul piano recitativo non c'è nulla da eccepire con attori tutti molto bravi dal Capocomico Michele De Maria al Primo Attore Mario Pietramala, da Marta Pizzigallo en travesti per Madama Pace a Lucia Lavia nel ruolo della Figlia fino ai due giovani attori Giulia Gallone e Matteo Ramundo, rispettivamente la Prima Attrice e l'aiutante del capocomico, perché la bravura di Lavia, oltre che nelle sue doti di attore e regista, sta anche nel coltivare le nuove giovani promesse del teatro che sarà.
Gli unici aspetti a mio avviso negativi sono l'attore Andrea Macaluso che interpreta il Figlio più grande dei "personaggi" che non mi ha convinto appieno nella sua recitazione un pò troppo forzata anche di voce e la Madre, interpretata da Federica Di Martino, che magistrale Lona ne "I pilastri della società", qui ho trovato leggermente sottotono, e la "pantomima muta" della sofferenza dei "personaggi" al ricordo della tragedia della piccola figlia che in loop ritorna più volte e che puntualmente mi ricordava più la smorfia comica della Marchesini che quella di dolore.
Ma a parte queste piccolezze, vi consiglio di correre il prima possibile a teatro per vedere veramente il BELLO, fatto con cura e per bene e non come molte cose buttate lì che purtroppo oggigiorno si vedono sempre più pullulare. W il Teatro!
Agente Mat
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